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10-capitolo decimo

Cap. 10° 1966 : Anno decisivo

L’ultimo anno accademico fu veramente impegnativo: avevo deciso di sostenere tutti gli esami nella sessione estiva per potermi laureare in quella autunnale e, perciò, lo studio doveva essere serio e costante. Anche Pino era agli sgoccioli dei suoi oneri universitari, doveva solamente completare il tirocinio in Semeiotica Medica, presentare e discutere la tesi. Considerata la spesa che avremmo sostenuto per far dattiloscrivere le nostre due tesi, decidemmo di comprarci una macchina da scrivere portatile ed io mi  impegnai a svolgere questo lavoro per entrambi; era anche quello un atto d’amore e lo portai a termine con entusiasmo usando un solo dito per realizzarlo. Nell’ agosto del 1966 Pino si laureò, col massimo dei voti, tra l’entusiasmo generale;  aveva imposto la mia presenza ai suoi genitori che mi accolsero con garbo. Dopo la seduta di laurea andammo tutti a festeggiare in un bel ristorante sulle pendici del Vesuvio in un’atmosfera gioiosa e serena. Pino aveva prenotato il pranzo nello stesso ristorante  in cui avevamo salutato, insieme per la prima volta, l’arrivo del nuovo anno. ll  suo professore di Semeiotica aveva fissato l’ultima  seduta d’esame proprio nel pomeriggio del 31 dicembre e Pino sostenne il suo esame alle ore 21 e, se fosse partito, avrebbe trascorso il  capodanno in treno. A tutti questa situazione era apparsa un espediente ben architettato per poter vivere insieme una nuova esperienza felice, invece era solo un bel regalo che ci offriva la vita.
Chiesi il permesso ai miei genitori di trascorrere per la prima volta il capodanno fuori casa e, sebbene un po’ a malincuore, me lo concessero per farmi contenta. 
Era stata un’esperienza veramente unica: il panorama era da mozzafiato, Napoli ed i vari paesini che si arrampicavano sulle pendici del Vesuvio sembravano vivificati dalle luci e dal traffico intenso e, verso mezzanotte, tutta la vallata ai nostri piedi divenne una vera bolgia di botti e fuochi d’artificio che si centuplicavano   specchiandosi nel bel mare dell’ampio golfo napoletano. 
Sembrava un incendio, una follia umana che cercava di propiziarsi l’anno che iniziava e scacciare i guai che il vecchio anno aveva fatto sperimentare. 
Sarebbe bello se si potesse veramente allontanare tutti gli eventi tristi della vita con l’allegria di una notte di fuochi e di botti! 
Pino era elettrizzato da questa nuova esperienza: aveva portato una costosa bottiglia di champagne e volle stapparla sulla grande veranda per poter lanciare nel vuoto sottostante le coppe di cristallo ed adeguarsi all’allegria generale. 
Fu veramente una notte di grande emozione ed unica nella nostra vita, rimasta vivido ricordo nella nostra memoria. 
Il luogo piacque sia ai parenti che agli amici che si strinsero festosi intorno a Pino, la cucina tipica e gustosa fu apprezzata in un’atmosfera gioiosa e goliardica per rendere  indimenticabile la laurea del mio ragazzo.
Ora toccava a me: avevo sostenuto tutti gli esami e mi dedicai alla battitura della mia tesi durante l’estate. A novembre fu fissata la mia seduta di laurea a cui parteciparono la mia famiglia, Pino, alcuni amici e la famiglia di mia cugina Lucia sempre affettivamente legata a tutti noi. Papà era emozionato e confuso, mi faceva tenerezza, non riusciva a spiccicare una parola: egli sentiva, forse anche più di me, l’importanza di quel momento, di quel sogno che si realizzava. A casa mamma aveva preparato il timballo  con il suo inimitabile ragù di carne mista e la torta con il pan di Spagna soffice ed alto con doppio strato di crema ed… il profumo era inebriante! 
Appena entrammo mi abbracciò e, portandomi nell’altra stanza ( era intimidita dalla presenza di alcuni amici) mi regalò il suo gioiello più bello: una magnifica  spilla che suo padre le aveva donato il giorno della sua promessa di  matrimonio.  Eravamo entrambe commosse, io sapevo quanto lei tenesse a quel gioiello e avrei voluto che non se ne privasse, quando entrò papà e mi disse: “Accettala con gioia; ci avevi chiesto il divano come regalo di laurea e ti abbiamo accontentata ma è un regalo per la famiglia.  Non sia mai detto che tu rimanga priva di un tuo regalo personale in questo momento così importante per te e per noi!”. 
Era fatto così, sapeva trovare le parole giuste al  momento giusto, parole a cui non si poteva replicare.  I nostri occhi erano umidi di pianto, manifestazione del profondo affetto che ci legava. 
Dopo solo una settimana dalla mia laurea ebbi la nomina per insegnare a Panni: avevo deciso, insieme a Pino, di iniziare la mia professione in  provincia di Foggia in previsione del nostro futuro matrimonio, visto che egli desiderava vivere nella sua città natale. 
Il mio soggiorno partenopeo era terminato ma per papà sarebbe durato fino all’età del suo pensionamento. Me ne rammaricai con lui ma mi rispose: ” Per la gioia che mi stai dando sarei andato anche in capo al mondo! Sta’ tranquilla Napoli è bella, noi ci troviamo bene. Neanche tu starai male a Panni, Lina verrà con te così vi farete compagnia.”  Sorrideva con quel suo sorriso magnetico, coinvolgente: aveva ancora una volta pianificato tutto ed era soddisfatto e felice. 
Ritornai a Panni in una diversa veste sociale, mi sentivo realizzata, serena e, anche se un po’ timorosa per la responsabilità del mio ruolo, affrontai  la mia nuova vita con dignità cercando di esserne all’altezza fin dai primi giorni.
Dopo solo un mese d’insegnamento giunsero le vacanze natalizie ed io, con il mio primo stipendio nella borsetta, raggiunsi la mia famiglia a Napoli nel pomeriggio della vigilia di Natale. Ero elettrizzata e porsi a mia madre la mia prima busta-paga: volevo manifestarle in qualche modo il mio ringraziamento per tutti i sacrifici che avevano sostenuto per me.  Mamma mi abbracciò   commossa: ” Ma che ti viene in mente? – mi disse  – Questi sono il frutto del tuo  lavoro e devono rappresentare l’inizio della tua futura autonomia.” Io la guardavo interdetta quando papà entrò nella stanza e, con un sol colpo d’occhio, capì la situazione e, sorridendo divertito, esclamò: “Ora che sei diventata ricca vuoi mostrarci la tua generosità? Non ce n’è bisogno, noi ti conosciamo!” e, ricacciando nella busta le banconote che ne fuoriuscivano, con tono solenne continuò: “Ti auguro tanta fortuna!” 
Avevo  dei genitori meravigliosi!  
Qualche minuto più tardi ero in strada ed a passo veloce, quasi di corsa, raggiunsi il più vicino negozio di elettrodomestici e comprai una lavatrice. Il negoziante trovò qualche difficoltà per l’ora ed avrebbe voluto effettuare la consegna il giorno 27.  Tanto, però, lo pregai che mandò con me il ragazzo che lo aiutava nelle consegne. 
Fu un Natale d’amore e di commozione!