”Quando giù nel Tavoliere tutto arde la calura a Panni, sull’altopiano Pan Monte Sario, si gode la frescura“ *
 Già il titolo ci porta a pensare di un paese dove paesaggio incontaminato e tanta aria salubre si intrecciano fra loro creando un territorio da favola, un mondo affascinante.
A prima vista può sembrare un paese difficile eppure quei luoghi custodiscono autentiche riserve naturalistiche che meritano di essere visitate. Per questo armatevi di macchina fotografica e via, fra colline, boschi, ruscelli che saranno la scenografia del vostro vagabondare e godervi appieno il bel paesino di montagna che si chiama Panni in provincia di Foggia.
Godetevi le stradine del paese, gli uccelli, il verde, l’aria incontaminata a testimonianza di un territorio ancora sano. Alla fine, dopo tanto girovagare per il paese e fra queste bellezze naturali, un pò di relax sicuramente vi farà bene. Non aspettatevi grandi cose, ma parlate con la gente, entrate nei piccoli negozi, sedetevi sulle panchine della passeggiata del Castello, godetevi le prelibatezze della cucina locale. Guardate tutto l’insieme ed avrete in regalo la sensazione di aver scoperto un mondo sconosciuto e da favola riportandovi indietro nel tempo; visitate questa perla del Subappenino.
Una passeggiata nel bosco, in silenzio, riempiendosi i polmoni del profumo della resina dei pini, mentre la luce filtra tra i rami. Un pomeriggio di relax, sdraiate su un morbido tappeto di erba rivolgendo lo sguardo al cielo.
Da quanto tempo non ti concedi una pausa d’immersione nella Natura? Intanto chiudi gli occhi e non sarà difficile materializzare nella tua mente questi possibili scenari.
La sensazione che ne trarrai sarà d’immediato benessere, La Natura fa parte di noi, ma di cui ci siamo dimenticati.
Aristotele scriveva che “il medico cura, la Natura guarisce”
Panni vi aspetta con tutte le sue sagre, con tutti i suoi prodotti, con tutti i gioielli del suo territorio, con tutta la sua Natura. .

16-Svolazzino

Svolazzino
*
Avevo circa sette anni d’età quando Gilberto aprì un negozio di generi
alimentari proprio di fronte casa mia.
Gilberto era un commerciante nato e sapeva accontentare, con serietà e
cortesia, le esigenze dei suoi clienti prevenendone spesso i desideri così
il suo negozio divenne, in pochi mesi, un vero emporio.
Nel suo locale, piccolo forse ma pieno come un uovo, si poteva trovare
di tutto; dal pane alla merceria, dalla pasta alla cancelleria, dal vino ai
dolciumi ed, ogni volta che andava a Napoli per rifornirsi, portava
sempre qualche novità.
Gilberto era convinto che la propaganda fosse l’anima del commercio
perciò, quando iniziò a vendere anche piccoli giocattoli, me ne regalava uno
ed io lo mostravo, spavalda, ai miei coetanei suscitando in loro forse un po’
d’invidia ma, certamente, anche un forte desiderio di possederlo.
Era un tacito accordo tra noi, io ero felice di avere un gioco nuovo ed egli
incrementava le vendite perchè i ragazzi correvano a frotte per acquistare
le piacevoli novità. Erano sempre giocattoli divertenti, semplici ed a prezzo
modico date le ristrettezze del momento storico: si era nel dopoguerra ed il
successivo boom economico non si percepiva ancora nel nostro piccolo paese.
Durò oltre quattro anni questo nostro sodalizio e molti furono i giocattoli
che Gilberto mi regalò: bamboline con gli occhi mobili e gli arti snodabili,
piccoli Pinocchi fatti di anelli di legno a cui un semplice meccanismo faceva
assumere posizioni diverse e divertenti, dischi che volavano oltre a svariati
piccoli giochi coi numeri e le lettere che esercitavano l’intelligenza.
L’ultimo regalo che ricevetti da Gilberto fu un magnifico pappagallo variopinto,
fatto di piume colorate, con gli occhi vitrei ed un gran becco giallo.
Un meccanismo a molla lo lanciava nel vuoto ed esso volava nell’aria con movimenti
ampi e circolari planando dolcemente al suolo. Era un piacere seguire le sue
evoluzioni ed io spendevo tutto il mio tempo libero con lui; mi esercitavo a
mandarlo sempre più in alto per prolungare il piacere di assistere ai suoi
acrobatici voli e, con lui, volava anche la mia fantasia.
Mi sentivo anch’io dotata di ali e fantasticavo di librarmi nell’aria libera e
felice: si!, ero felice con il mio pappagallino che avevo battezzato “Svolazzino”.
Svolazzino era entrato nella mia vita e, subito, era diventato il mio compagno
inseparabile: lo portavo dovunque, gli avevo creato un angolo perfino nella mia
cartella per non separarmene neanche andando a scuola.
Un giorno d’estate seguivo allegramente mia madre che si recava nella nostra cantina
a spillare il vino per il pranzo e, neanche a dirlo, la seguivo lanciando in aria
il mio Svolazzino; ero estasiata dai suoi giri concentrici e non mi accorsi che un
grosso gatto nero lo osservava con ingordigia scambiandolo per un uccello vero.
Appena il mio giocattolo preferito toccò terra, il felino affamato lo ghermì e lo
trasportò in un pianterreno attraverso un buco appositamente creato perchè i gatti
potessero introdursi e dare la caccia ai topi.
Alle mie grida disperate accorse mia madre ma, per quanto si adoperasse, non riuscì a
recuperarmi l’amato gioco. Mamma mi spiegò che quella casa era chiusa da anni perchè
i proprietari erano emigrati in America e ,pertanto, avrei dovuto rinunciare a
Svolazzino. Il mio dolore dovette apparirle così intenso che disse:” Dai, non piangere,
andiamo da Gilberto e compriamone un altro!”
Il bonario commerciante, però, li aveva venduti tutti nè io gradivo un sostituto al mio
caro Svolazzino.
Dopo qualche mese lasciai Panni per seguire, a Foggia, un regolare corso di studi che
il piccolo paese non garantiva.
Con Svolazzino si concludeva la mia fanciullezza, il periodo più spensierato e libero
della mia vita a cui ritorno spesso con accorata nostalgia.

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