”Quando giù nel Tavoliere tutto arde la calura a Panni, sull’altopiano Pan Monte Sario, si gode la frescura“ *
 Già il titolo ci porta a pensare di un paese dove paesaggio incontaminato e tanta aria salubre si intrecciano fra loro creando un territorio da favola, un mondo affascinante.
A prima vista può sembrare un paese difficile eppure quei luoghi custodiscono autentiche riserve naturalistiche che meritano di essere visitate. Per questo armatevi di macchina fotografica e via, fra colline, boschi, ruscelli che saranno la scenografia del vostro vagabondare e godervi appieno il bel paesino di montagna che si chiama Panni in provincia di Foggia.
Godetevi le stradine del paese, gli uccelli, il verde, l’aria incontaminata a testimonianza di un territorio ancora sano. Alla fine, dopo tanto girovagare per il paese e fra queste bellezze naturali, un pò di relax sicuramente vi farà bene. Non aspettatevi grandi cose, ma parlate con la gente, entrate nei piccoli negozi, sedetevi sulle panchine della passeggiata del Castello, godetevi le prelibatezze della cucina locale. Guardate tutto l’insieme ed avrete in regalo la sensazione di aver scoperto un mondo sconosciuto e da favola riportandovi indietro nel tempo; visitate questa perla del Subappenino.
Una passeggiata nel bosco, in silenzio, riempiendosi i polmoni del profumo della resina dei pini, mentre la luce filtra tra i rami. Un pomeriggio di relax, sdraiate su un morbido tappeto di erba rivolgendo lo sguardo al cielo.
Da quanto tempo non ti concedi una pausa d’immersione nella Natura? Intanto chiudi gli occhi e non sarà difficile materializzare nella tua mente questi possibili scenari.
La sensazione che ne trarrai sarà d’immediato benessere, La Natura fa parte di noi, ma di cui ci siamo dimenticati.
Aristotele scriveva che “il medico cura, la Natura guarisce”
Panni vi aspetta con tutte le sue sagre, con tutti i suoi prodotti, con tutti i gioielli del suo territorio, con tutta la sua Natura. .

15-capitolo quindicesimo


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Cap.15° Il mio ruolo di mamma

Per tre anni insegnai alla scuola media ” S. Altamura” e mi trovavo bene perchè con le scolaresche si instaurò subito un rapporto di stima e simpatia.
Quando Antonio ebbe tre anni di età ed era accettato all’asilo preferii organizzarmi diversamente e trovai un equilibrio migliore.
I bambini andavano volentieri all’Istituto Madonna del Carmine, Maria Elena alla primina e Stefania ed Antonio alla scuola materna; stavano insieme e non sentivano molto la mia assenza. Io andavo a prenderli alla fine dell’orario scolastico e tornavamo a casa sereni.
I ragazzi erano piccoli e, avendo estinto il mutuo con l’ENPAM, era il momento giusto per pensare di costruire qualcosa di solido e, poichè mio marito aveva ancora lo studio nella vecchia casa presa in fitto, decidemmo di comprare uno studio nuovo vicino alla nostra abitazione.
Pino, contrario per natura a sottoscrivere cambiali, avrebbe acquistato un monolocale per non sentirsi in ansia; io, invece, pensavo che un nuovo mutuo non sarebbe stato un grosso problema e quindi, visto che avevamo
tre figli, ero dell’idea di comperare un appartamento che nel futuro potesse servire come casa abitabile per una famiglia.
Dovevamo decidere tra un mini appartamento al primo piano ed uno, ampio e con un bel giardino, in una palazzina in costruzione proprio di fronte alla nostra abitazione. Io ero per l’appartamento col giardino ma mio marito si deprimeva
all’idea di contrarre un mutuo consistente; il mio lavoro di convincimento otteneva risultati altalenanti ed allora chiesi aiuto
al mio papà che la pensava come me ( diceva sempre:” Se puoi comprare non pensarci troppo, pensa invece e molto se decidi di vendere!) e, con semplicità, disse a mio marito che, se gli avesse dato la gioia di divertirsi nel giardino, ci avrebbe dato una mano a comprarlo. Ormai Pino era in minoranza e si lasciò convincere e mai si è pentito della decisione presa.
Con il suo appoggio mio padre mi aveva permesso di superare una mia difficoltà e di realizzare un mio desiderio.
Furono anni intensi: oltre a mio marito, la scuola e la casa, erano i miei figli che mi impegnavano quotidianamente ad un ritmo vertiginoso: ero la loro guida, il loro tassista; li seguivo nei loro impegni scolastici, li accompagnavo a scuola, a lezioni di musica e di danza, in palestra ed in piscina e lo facevo con gioia ed entusiasmo.
Ogni ricorrenza della loro vita era allietata da festicciole con parenti ed amici che partecipavano numerosi e si entusiasmavano ai vari giochi e gare che ideavo per farli divertire.
Era bello vederli crescere sani e sereni e se, a sera, stentavo a riconoscere me stessa allo specchio dopo una giornata interminabile di lavoro, ero orgogliosa della mia vita piena di amore autentico.
Così trascorrevano gli anni delle scuole elementari e medie dei miei figli, certo non mancava di tanto in tanto qualche intoppo ma sempre lieve e risolvibile se affrontato con serietà e gioia di vivere.
Intanto anche mamma andò in pensione ed i miei genitori, più liberi, vivevano d’estate a Panni e, quando il clima diventava rigido, si trasferivano a Foggia dividevano l’appartamento-studio con mio marito. I ragazzi erano molto legati ai nonni e l’atmosfera che si respirava era di cordiale e serena complicità.
Proprio in questi anni a papà fu concessa la possibilità di ricostruire, con l’apporto della legge sui terremoti, le case che aveva al Castello e che, tempo addietro, aveva promesso in eredità a mio fratello Costanzo.
Un sabato, alla vigilia della scadenza per la presentazione del progetto, inaspettatamente, vidi arrivare mio padre con in volto una viva preoccupazione: mi allarmai e gliene chiesi il motivo. Mestamente confermò:”Si, Lucia, sono molto preoccupato: ho qui il progetto per la casa al Castello e, oltre al fatto che non mi piace per niente, mi sono reso conto che dando questa casa ad un solo figlio non sarei in grado di trattare con equità tutti gli altri, potrei accontentare solo tre figli mentre io ne ho quattro. Tu mi devi aiutare, devi preparare un altro progetto che possa accontentare due figli e non uno solo.” “Papà – replicai – io potrei anche tentare di modificare l’attuale progetto ma credo che la cosa non piacerà a Costanzo che è sicuro che quella casa sarà tutta sua”. ” Io sono dispiaciuto di non potere mantenere fede alla promessa a suo tempo fatta a tuo fratello, ma Costanzo è intelligente e capirà che non posso comportarmi diversamente.” Era triste ma determinato e fiducioso che io potessi realizzare il mezzo miracolo che mi richiedeva.
Se avessi potuto avrei decuplicato lo spazio di cui disponeva, ma c’era solamente un quadrato di circa otto metri per lato ed un progetto che lo dimezzava in ripide scalinate ed inutili corridoi.
Papà dimostrava una notevole fiducia nelle mie capacità di “mancato architetto”, una mia passione giovanile ed io cercai di non deluderlo.
Mio marito, al suo rientro, mi trovò ancora alle prese con righe, squadre e fogli quadrettati. Era sabato notte ormai ed il lunedì successivo papà doveva presentare l’ultima possibile modifica al progetto primario e, quindi, non c’era tempo da perdere.
Avevo ormai preparato un nuovo progetto che, in grandi linee, mi soddisfaceva ma che bisognava perfezionare.
Anche Pino si appassionò all’idea ed, insieme, trascorremmo quasi tutta la notte a migliorarlo.
Era l’alba allorchè ritenemmo che il progetto approntato forse sarebbe stato accettato anche da mio fratello che, in quanto a spazio utile,non perdeva quasi nulla rispetto al vecchio.
L’indomani, dopo aver riprodotto in scala il progetto definitivo, telefonai a Costanzo per metterlo al corrente della faccenda; la sua prima reazione, come prevedibile, non fu di compiacimento ma, poi, capì le ragioni di papà ed il progetto fu presentato e realizzato con piena soddisfazione di mio padre che aveva commentato il mio impegno con un laconico quanto sentito:
” Sapevo di poter contare su di te!”
Ancora una volta la nostra intesa aveva risolto un problema importante ristabilendo l’armonia e la serenità della nostra famiglia.
La nuova casa fu divisa tra Costanzo e me, l’arredammo con entusiasmo ed, appena potevamo,ci recavamo a Panni per la gioia dei ragazzi e dei miei genitori.

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