”Quando giù nel Tavoliere tutto arde la calura a Panni, sull’altopiano Pan Monte Sario, si gode la frescura“ *
 Già il titolo ci porta a pensare di un paese dove paesaggio incontaminato e tanta aria salubre si intrecciano fra loro creando un territorio da favola, un mondo affascinante.
A prima vista può sembrare un paese difficile eppure quei luoghi custodiscono autentiche riserve naturalistiche che meritano di essere visitate. Per questo armatevi di macchina fotografica e via, fra colline, boschi, ruscelli che saranno la scenografia del vostro vagabondare e godervi appieno il bel paesino di montagna che si chiama Panni in provincia di Foggia.
Godetevi le stradine del paese, gli uccelli, il verde, l’aria incontaminata a testimonianza di un territorio ancora sano. Alla fine, dopo tanto girovagare per il paese e fra queste bellezze naturali, un pò di relax sicuramente vi farà bene. Non aspettatevi grandi cose, ma parlate con la gente, entrate nei piccoli negozi, sedetevi sulle panchine della passeggiata del Castello, godetevi le prelibatezze della cucina locale. Guardate tutto l’insieme ed avrete in regalo la sensazione di aver scoperto un mondo sconosciuto e da favola riportandovi indietro nel tempo; visitate questa perla del Subappenino.
Una passeggiata nel bosco, in silenzio, riempiendosi i polmoni del profumo della resina dei pini, mentre la luce filtra tra i rami. Un pomeriggio di relax, sdraiate su un morbido tappeto di erba rivolgendo lo sguardo al cielo.
Da quanto tempo non ti concedi una pausa d’immersione nella Natura? Intanto chiudi gli occhi e non sarà difficile materializzare nella tua mente questi possibili scenari.
La sensazione che ne trarrai sarà d’immediato benessere, La Natura fa parte di noi, ma di cui ci siamo dimenticati.
Aristotele scriveva che “il medico cura, la Natura guarisce”
Panni vi aspetta con tutte le sue sagre, con tutti i suoi prodotti, con tutti i gioielli del suo territorio, con tutta la sua Natura. .

03-Incontro casuale

Incontro casuale

Clelia era appena salita sul pullman che l’avrebbe portata al suo paesello per
le vacanze natalizie; era contenta, nella sua valigia aveva tanti piccoli regali
per i suoi familiari e già immaginava le reazioni di ognuno di loro alla vista
degli oggetti sfiziosi alla cui scelta aveva dedicato l’intera ultima settimana.
Nell’autobus c’erano già alcuni viaggiatori scesi dal treno che aveva preceduto
il suo, educatamente aveva salutato e tutti avevano risposto, tutti tranne uno
seduto in fondo, col viso rivolto verso il basso in un atteggiamento assorto e
decisamente poco allegro.
Clelia si era meravigliata del suo comportamento; nel paese tutti la conoscevano,
certamente era un forestiero.
Si era seduta accanto a Gina, una sua ex compagna delle scuole elementari, ed
avevano iniziato a parlare del più e del meno senza impegnarsi in una
conversazione importante: era piacevole chiacchierare senza impegno formale
o sostanziale. Ad un certo punto Gina, quasi ridendo, aveva chiesto: “ Ma quello
si è forse addormentato? Sta sempre con la testa tra le ginocchia!”
Clelia si era istintivamente girata ed aveva incrociato lo sguardo altezzoso dello
uomo (che aveva alzato la testa solo per dimostrare alla sua compagna che non
dormiva) ed aveva riconosciuto quel volto. Si, era Giorgio!
Il pensiero della giovane corse alla sua preadolescenza, aveva circa dodici anni
quando la famiglia di Giorgio era arrivata al suo paese: egli era un liceale bello,
bruno e con il fascino misterioso del forestiero. Tutte le sue coetanee facevano
a gara per conoscerlo e parlargli ed egli si sentiva quasi onnipotente.
Clelia aveva fatto amicizia con Elisa una delle sue sorelline ed un giorno
incontrandolo aveva apprezzato la sua bellezza. Elisa, che aveva poco più di
dieci anni, aveva incominciato a saltellare fanciullescamente intorno al
fratello cantilenando: “Clelia si è innamorata di Giorgio, Clelia si è innamorata
di Giorgio.” Clelia era arrossita, interdetta e sorpresa dall’atteggiamento della
sua amichetta mentre Giorgio aveva reagito con un comportamento che l’aveva
ferita: sdegnato come un antico dio greco, l’aveva guardata con altezzoso
disprezzo, incredulo che una comune mortale avesse osato alzare lo sguardo
verso il suo Olimpo e si era allontanato borbottando offese incomprensibili.
Clelia si era adombrata con Elisa ma in cuor suo l’aveva ringraziata: mai avrebbe
voluto innamorarsi di un ragazzo vanesio, borioso e villano come aveva
dimostrato di essere Giorgio.
Ora, ventenne, elegante e sicura di sé, presa dal suo carattere aperto e gioviale
stava quasi per alzarsi e salutare quel giovanottone ma il suo capo era di nuovo
chino sul petto: non l’aveva riconosciuta.
Certa non era facile riconoscerla, era tanto cambiata mentre egli aveva ancora
nel suo sguardo l’inconfondibile alterigia della sua trascorsa adolescenza.
“Lasciamolo ai suoi pensieri, non devono essere piacevoli!” si era detto Clelia
rivolgendo la sua attenzione a Gina ma in cuor suo era dispiaciuta.
“ Chi nasce quadro non muore tondo” diceva sua nonna, ma lei le aveva sempre
confutato quel proverbio ritenendo che ogni uomo ha il dovere di migliorarsi, di
smussare i lati negativi del proprio carattere ed ora, invece, era costretta a darle
ragione. Quel ragazzo non aveva saputo migliorarsi, non aveva ancora affrontato
la vita con l’umiltà di chi, oltre a valorizzare se stesso, sappia dare importanza
anche agli altri: forse sarebbe rimasto solo e spesso con il capo chino, appesantito
dalla sua stessa vanagloria.

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