”Quando giù nel Tavoliere tutto arde la calura a Panni, sull’altopiano Pan Monte Sario, si gode la frescura“ *
 Già il titolo ci porta a pensare di un paese dove paesaggio incontaminato e tanta aria salubre si intrecciano fra loro creando un territorio da favola, un mondo affascinante.
A prima vista può sembrare un paese difficile eppure quei luoghi custodiscono autentiche riserve naturalistiche che meritano di essere visitate. Per questo armatevi di macchina fotografica e via, fra colline, boschi, ruscelli che saranno la scenografia del vostro vagabondare e godervi appieno il bel paesino di montagna che si chiama Panni in provincia di Foggia.
Godetevi le stradine del paese, gli uccelli, il verde, l’aria incontaminata a testimonianza di un territorio ancora sano. Alla fine, dopo tanto girovagare per il paese e fra queste bellezze naturali, un pò di relax sicuramente vi farà bene. Non aspettatevi grandi cose, ma parlate con la gente, entrate nei piccoli negozi, sedetevi sulle panchine della passeggiata del Castello, godetevi le prelibatezze della cucina locale. Guardate tutto l’insieme ed avrete in regalo la sensazione di aver scoperto un mondo sconosciuto e da favola riportandovi indietro nel tempo; visitate questa perla del Subappenino.
Una passeggiata nel bosco, in silenzio, riempiendosi i polmoni del profumo della resina dei pini, mentre la luce filtra tra i rami. Un pomeriggio di relax, sdraiate su un morbido tappeto di erba rivolgendo lo sguardo al cielo.
Da quanto tempo non ti concedi una pausa d’immersione nella Natura? Intanto chiudi gli occhi e non sarà difficile materializzare nella tua mente questi possibili scenari.
La sensazione che ne trarrai sarà d’immediato benessere, La Natura fa parte di noi, ma di cui ci siamo dimenticati.
Aristotele scriveva che “il medico cura, la Natura guarisce”
Panni vi aspetta con tutte le sue sagre, con tutti i suoi prodotti, con tutti i gioielli del suo territorio, con tutta la sua Natura. .

01-Quella treccia

Quella treccia
Al volante della sua automobile si recava, felice ed emozionato, verso
l’ospedale: la sua unica figlia, a cui lo legava un affetto profondo (anche
perché, morta sua moglie quando la piccola aveva solo quattro anni d’età,
le aveva fatto sia da padre che da madre), aveva dato alla luce il suo primo
nipotino.
Ora si delineava il problema della scelta del nome per il nuovo arrivato.
La sua Laura gli aveva sempre promesso che il suo primo bambino non
avrebbe portato il suo nome ma uno più bello scelto da lui. Molte volte
avevano scherzato sull’argomento, ma il suo nome “ Pasquale” non erano
riusciti ad ingentilirlo con i vari possibili diminuitivi o vezzeggiativi ed
avevano finito per metterlo da parte senza alcun rimpianto.
Ora toccava a lui scegliere un bel nome che suo nipote avrebbe potuto, con
piacere, portare per tutta la vita.
Per una notte intera aveva cercato un nome ma, per quanti ne avesse
analizzati, nessuno gli era parso adatto a quell’esserino delicato che, gli era
sembrato, gli aveva sorriso da dietro quella finestrella da cui non era riuscito
ad allontanarsi fino a che l’infermiera non aveva tirato quella tendina odiosa
che gli aveva sottratto l’immagine che tanto lo attraeva.
Adesso andava ansioso di rivedere il neonato e sperava di prenderlo in braccio,
approfittando dell’ora della poppata. Quanta emozione gli suscitava questa
possibilità, gli riportava alla mente la nascita della sua bambina e l’intima gioia
della suo paternità.
Un po’ seccato, era stato costretto a fermarsi al semaforo che sembrava avesse
aspettato proprio la sua auto per accendere la luce rossa.
Fermo a quel semaforo che sembrava non volergli più concedergli la via libera,
si guardava intorno irrequieto ed il suo sguardo si posò su un cartellone che
pubblicizzava indumenti intimi femminili.
Era raffigurata una giovane donna di spalle con una bella treccia, tanto lunga
che toccava le sue candide mutandine.
Come uno squarcio improvviso nella sua mente apparve un ricordo della sua
giovinezza: si era da poco diplomato e spesso, con alcuni amici, si divertiva ad
attendere l’ora di chiusura delle lezioni dei vari istituti del palazzo degli studi,
per ammirare le studentesse che sfilavano allegre e ciarliere.
Da alcuni giorni ne aveva notata una che lo attraeva per il suo incedere con
passo leggero quasi danzante. Portava l’imposto grembiule nero con il colletto
di pizzo bianco ma a lui sembrava quasi un elegante abito da sera e l’aveva
seguita a distanza, senza farsi notare.
Gli piaceva seguirla, attratto dalla lunga treccia che ritmicamente le ondeggiava
sulle spalle ed, ad ogni passo, si accendeva di riflessi ramati che la rendevano
preziosa, unica e suscitava in lui desideri erotici.
Per una settimana l’aveva accompagnata verso casa ma a debita distanza e
finalmente si era deciso ad avvicinarla per dichiararle i sentimenti che provava
ogni volta che la vedeva. Era ormai ad un passo dietro di lei quando sentì nel
suo cuore nascere un urgente desiderio di possesso e, con un gesto istintivo, le
afferrò la treccia e gliela strattonò.
La ragazza si era girata sorpresa e, senza dire una parola, lo aveva fulminato con
uno sguardo che mostrava tutta la sua indignazione per quella gratuita offesa
subita e si era allontanata con passo più rapido per porre tra loro il maggior
distacco possibile.
Egli era rimasto fermo, sorpreso dal suo stesso gesto (che ora razionalmente
considerava inopportuno), incapace di qualsiasi movimento.
Il lunedì successivo era ritornato al palazzo degli studi con l’intento di chiedere
scusa alla ragazza di cui ignorava anche il nome.
La rivide, altera e sicura, incedere con eleganza ma non portava più la treccia:
i suoi morbidi capelli castano-dorati li aveva raccolti sulla nuca in una bella
pettinatura in voga. Era bella e desiderabile, certamente più “donna” ma non
trovò il coraggio di avvicinarla: il cambio di pettinatura era una silenziosa ma
chiara risposta al suo istintivo comportamento ed annullava ogni possibilità di
realizzazione alle sue aspettative future.
Un furioso colpo di clacson lo riportò alla realtà: il semaforo era verde e non se
ne era accorto perso nei suoi ricordi.
Un ultimo sguardo al cartellone pubblicitario gli permise di leggere sotto quella
treccia “Roberta”. “Era forse questo il nome il nome della fanciulla sconosciuta
della mia giovinezza? Forse si, forse no ma, certamente sarà il nome del mio
nipotino!” .
“Ro-ber-to” sillabò “Si, mi piace e piacerà anche a Laura ne sono sicuro!”

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